Oggi è lunedì e dovrebbe essere una normale giornata ma è, invece, una apparente giornata normale.
Nel 30 novembre, ultimo giorno dell’undicesimo mese di questo 2020 che non è affatto un anno normale.
Non è una data particolare, una internazionale di qualche cosa, di violenza, memoria, alberi o migranti che sia, e non ricorrono neppure anniversari di stragi, attentati, morte di presidenti, attori o rockstar particolari.
Insomma, è un lunedì, se i teatri fossero aperti, ma non lo sono, mi avrebbe visto salutare i miei attori e tecnici, attendere l’arrivo dei bus con le classi provenienti dalla provincia o da altre zone della città, accoglierli in teatro, presentare lo spettacolo con una introduzione mirata a centrare la loro attenzione sul tema o il racconto trattato… spegnere le luci e via partire con un bell’incontro al servizio della loro crescita e fantasia…
Ma non è così! Ed è meno bello perché è una apparente giornata normale in un tempo che non è normale ma è anche la mia ultima giornata ufficiale di lavoro.
– Da domani sarò un pensionato!
“Pensionato”, sul vocabolario dicesi: persona anziana (e per esperienza dico, non sempre) oppure / casa di riposo (e non ho intenzione di andarci per lo meno ora) / istituto che accoglie persone sole (sono solo ma ho un sacco di amici e da solo non ho paura, anzi ci sto bene, leggo, scrivo e ascolto musica. Mi sono fatto 3 mesi di lockdown da solo e sono sopravvissuto benissimo).
Insomma: i vocabolari, verifico, sono decisamente stereotipati – Si salva la Treccani che dice testualmente “ex lavoratore” ma di qui a sentirmi “ex lavoratore” (attenderei almeno domani, oggi non ancora perché, se fosse una giornata normale, ma non lo è, sarei in teatro a smontare lo spettacolo, o in ufficio a organizzare quello di domani). Poi però l’enciclopedia prosegue “persona che avendo accumulato sufficiente anzianità al lavoro, o avendo raggiunto la vecchiaia, ha acquisito il diritto di ricevere un compenso mensile, detto pensione”.
Ora ho 67 anni e non mi ostino a ritenermi per forza giovane, anzi. Ma da questa convinzione a decidere di aver raggiunto sufficiente vecchiaia, ce ne passa. Dunque, credo che la dicitura esatta sia quella di “persona che oltre 40 anni di attività continuativa al lavoro ha raggiunto con merito quell’obiettivo”.
Però mi sarebbe piaciuto farlo in una giornata davvero normale, ma la pandemia e le regole di sicurezza eliminano questa possibilità e anche questo piacere, tra tante altre cose, viene negato.
Vado in pensione e ci vado da solo senza il saluto dei miei attori, tecnici e personale vario, nella solitudine obbligatoria di questi tempi.
So che tornerò ad incontrarli. Cambia il mio status ma non me ne vado. Rimango una risorsa e resterò disponibile ai progetti futuri di Assemblea Teatro. Saranno occasioni d’incontro e collaborazione, una nuova era personale, fuori da un contratto di continuità, e collettiva, fuori dal Covid e dalla pandemia.
Sarà ancora incontro di idee e forze al servizio di una identità, quella di ASSEMBLEA TEATRO, confermata non solo da noi ma soprattutto dai nostri spettatori, che non sono solo dei semplici fruitori ma una risorsa primaria e costante, grazie alla loro presenza, alle indicazioni ed alla vitalità che sempre hanno saputo esprimere.
Buoni giorni allora finalmente per tutti noi, confidando in un futuro normale
Renzo Sicco
(30 novembre 2020)