ASSEMBLEA TEATRO e PE’ DE VENTO
apresentam
U BOAT 1277
Teatro com memória
Passados 70 anos sobre o fim da segunda Grande Guerra, companhia de teatro italiana revisita a curiosa história do submarino alemão afundado em 1945 ao largo de Angeiras, Matosinhos. Os seus 47 tripulantes fogem do ajuste de contas com o exército russo mas enfrentam na praia o julgamento dos seus próprios fantasmas.
Entre 5 e 8 de maio de 1945 terminou a segunda Guerra Mundial. O conflito tinha arrasado a Europa e deixado mais de 70 milhões de mortos. No entanto, em Portugal, país “neutro” que não passou pela barbárie do conflito, a guerra terminaria apenas um mês depois, com o desembarque surreal de 47 militares alemães na praia de Angeiras, a 3 de junho, muito depois da rendição às forças Aliadas. Para escaparem à previsível violência dos russos, renderam-se a uma “insignificante” terra de pescadores. Desembarcaram em botes de salvamento após afundarem, premeditadamente, ao largo do Cabo do Mundo, o submarino U-boat 1277, uma das máquinas de guerra mais terríveis do exército alemão. Ainda hoje o submarino ali se encontra, a uma centena de metros da costa e a cerca de 30 metros de profundidade. De símbolo de devastação, transformou-se em fonte de riqueza para a região, servindo de recife artificial para muitas espécies marinhas e de local de romaria para exploradores subaquáticos de todo o mundo. Exatamente 70 anos depois, pretendemos recordar este importante acontecimento histórico com palavras que, unidas à memória dos acontecimentos daqueles dias e dos que a eles assistiram, nos ajudam a refletir sobre as emoções e receios dos seus protagonistas. Viajamos neste trabalho por aquelas que poderiam ser as memórias de um militar protagonista do desembarque e da sua filha. Duas gerações, culturas distintas, pai e filha em confronto. Dois pontos de vista. Entre estes pontos de vista distintos confrontam-se também pensamentos de fantasmas das vítimas, de soldados e de muitos, muitos civis. Emoções em cena para recordar a importância da memória histórica que, unindo o passado ao presente, nos permitem acreditar num futuro melhor.
encenação Renzo Sicco e João Luiz
dramaturgia Paulo Lagoela
elenco Rui Spranger, Laura Casano e Valeria Benigni
música composta e interpretada por Subsonica
uma co-produção Assemblea Teatro e Teatro Pé de Vento
Informações www.assembleateatro.com www.pedevento.pt
contactos imprensa Rui Paulino David imprensauboat@gmail.com ou 919114740
Assemblea Teatro, per raccontare la Seconda Guerra Mondiale a 70 anni dalla Sua fine, ha scelto di andare sul limite dell’Europa, dove Oceano e Terra si toccano lungo spiagge sconfinate, ricche di umanità e storia. Lì, a Matosinhos, ha scovato il relitto dell’ultimo sommergibile affondato a combattimenti oramai terminati, la storia di una resa che non si voleva, l’abbraccio di un gruppo di pescatori.
Tutto questo è U-BOAT 1277, la coproduzione messa in campo con PE’ DE VENTO (compagnia teatrale di Oporto), che il 3 giugno 2015, a 70 anni esatti dall’inabissamento, farà riemergere una storia di vincitori e vinti.
Questa nuova proposta di Renzo Sicco e Assemblea Teatro permette di andare ancora una volta nel profondo dell’animo umano per interrogarci e provare a smuovere le coscienze. Il soldato e l’omologazione al pensiero unico, l’educazione, il tempo di arrendersi e accettare un nuovo inizio, ma anche l’abbraccio e la fraternità umana, il perdono, il confronto, obbligato in queste giornate, a questo sbarco di 70 anni fa e ai nuovi sbarchi dell’attualità, a uomini di mare che accolgono chi fugge.
Approfondimenti
1945, e venne il tempo della resa
Qual’è il tempo della resa?
La resa è il concetto e lo spazio d’azione del nostro nuovo lavoro.
A circa 300 metri dalla costa di Matosinhos, Oporto, in un luogo suggestivamente chiamato Cabo do Mundo, è ancora oggi inabissato nelle profondità del grande Oceano Atlantico l’U-Boat-1277. L’ultimo sottomarino tedesco abbandonato il 3 giugno 1945, ovvero un mese dopo la fine del conflitto mondiale. E’ adagiato su di un fianco, dormiente, invisibile monumento alla fine della guerra.
E’ davvero difficile capire quando lasciare, quando farsi da parte, accettare o subire il cambiamento. Lo è per noi, in un mondo di pace, figuriamoci in tempo di guerra. Ancora di più se si è cresciuti all’interno di un mito, di un’ideologia fanatica che della vittoria e della supremazia ha fatto il suo fulcro. Ecco che invece, se si è sconfitti, si precipita in un’indeterminatezza carica di dolore, in una condizione che ha il sapore dello smarrimento definitivo.
Sul fondo del mare prende avvio il nuovo spettacolo con il quale Assemblea Teatro, in collaborazione con la Compagnia portoghese Pè de Vento, indaga in quella zona oscura dove l’uomo sconfitto è obbligato a disegnare per sè un nuovo e diverso destino. Un sottomarino, un equipaggio, un popolo neutrale, quello dei pescatori portoghesi, che accoglie i protagonisti di una guerra feroce, fatta di stragi e odio.
Questo è U-BOAT 1277, il racconto a 70 anni dall’evento della resa di un equipaggio. Un racconto di guerra che apre frontiere di vita ben oltre la guerra stessa. Uno spettacolo che parla di “vincitori” sconfitti che su di una spiaggia trovano l’approdo, sperando nella salvezza. Il parallelo con i nostri giorni è dovuto giacché si trovano uomini che senza odio sanno accogliere “l’altro” rispettando prima di tutto le leggi naturali del mare.
Ieri e oggi
Al teatro sta il compito di narrare memoria sempre con i piedi ben piantati nel presente. Ciò vuol dire saper cogliere i ricorsi storici, le similitudini, ciò che dal passato, pur con nuovi connotati, ci aiuta a capire il presente. U-Boat 1277 è ricco di questi aspetti. Le spiagge, un mezzo navale, l’ammutinamento e il senso del dovere, le differenze, l’incontro.
La spiaggia, come la speranza di una nuova vita per 47 uomini, ieri, e per migliaia di disperati oggi. Entrambi, in qualche modo, in fuga da una guerra. Le spiagge d’Europa, spiagge accoglienti e oggi sovente non più ospitali. Ma nel ‘45 lo furono per quei soldati tedeschi, sconfitti dalla storia, ma salvi grazie all’incontro con poveri pescatori, uomini e donne che, vivendo in un paese neutrale non avevano subìto le atrocità della guerra. Uomini e donne che seppero accogliere e salvare altri uomini, secondo i codici e le regole del mare.
Avviene ancora oggi, in Europa. Quando non è la politica a riuscire a salvare uomini e donne, lo sono i “poveri”, gli uomini e le donne delle spiagge che a Lampedusa, come in altre località – come i pescatori portoghesi di Angeiras – si svegliano la notte per rinfrancare, rifocillare, per aprire le loro case e accogliere altri “figli” portati dal mare.
Le imbarcazioni di pace o di guerra vivono regole ancestrali, identiche, una legislazione che scorre sulle acque, e rende tutti uguali di fronte a Nettuno. Ed è probabilmente italiano il caso che recentemente più ha scosso e fatto dubitare il mondo. L’affondamento di una nave da crociera, una quarantina di morti, un capitano che sceso tra i primi ha abbandonato l’imbarcazione senza pudore e senza chiedere scusa. Un segno di valori e regole dissolte, un segno dei tempi sul quale riflettere.
Il Portogallo è porta d’Europa se visto dal mare, è prua dell’Europa se visto dal centro. Il Portogallo seppe essere questo anche idealmente, rappresentando la fine delle vite di 47 soldati ma allo stesso tempo l’inizio della vita di 47 uomini pronti a ricominciare.
Come ci hanno insegnato questi 70 anni, diversi soldati tedeschi non hanno saputo accettare la loro nuova condizione. Unico “errore”, come ha ben scritto nelle pagine de “Il torto del soldato” Erri De Luca, la sconfitta.
Non sappiamo questi marinai cosa vollero fare ma ci interessa ricostruire di quegli uomini, andando oltre la mitologia della divisa che indossavano, il tema della sconfitta e del trapasso dalla condizione di destinatari del dominio assoluto a quella di prigionieri.