Se ne è andato un figlio di minatori.
Era un ragazzo e divenne una leggenda. Aveva le scarpe con il tacco, erano di colore blu scuro con delle stelle argentate applicate sopra.
Aveva una maglietta psichedelica di diversi colori stinti, un paio di jeans chiari e scampanati e una grande fibbia alla cintura che li reggeva.
Aveva i capelli e i basettoni lunghi.
Era un ragazzo ed un pomeriggio divenne una leggenda. Aveva una voce che nessun bianco aveva mai avuto e si muoveva sul palco in un modo in cui nessuno si era mai mosso.
Prese occhi e cuori e conquistò un’intera generazione cantando una canzone dei Beatles in un modo che non era dei Beatles.
Non ne fece una cover ma la reinventò rendendola più intensa e appassionante di quanto gli stessi Beatles avessero mai potuto pensare.
Era un ragazzo figlio di minatori e faceva il barista in un caffè di Sheffield.
Credeva nella musica blues e quel pomeriggio divenne una rockstar, la sua consacrazione avvenne di fronte a 500.000 persone.
Si chiamava Joe Cocker. E il luogo era Woodstock.
Ricordo che quando vidi il film sul grande schermo rimasi spiaccicato sulla sedia del cinema Lux di Torino.
Erano 45 anni fa, ma a ripensarci mi invade quello stesso straordinario stupore.
Solo nel 2000 avrei fatto uno spettacolo e conosciuto i minatori e avrei afferrato e capito a fondo la loro anima nera in qualsiasi terra del mondo.
Grande Joe, grazie di essere stato nella mia adolescenza un anticipo di quelle sensazioni.
Renzo Sicco