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Samia Yusuf Omar

15 aprile, 2025 - 10:30 Auditorium Franca Rame, viale Cadore 133 - Rivalta di Torino (TO)

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Officina per la Scena
SAMIA YUSUF OMAR
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di e con Valentina Volpatto
regia Luca Busnengo
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“Noi sappiamo che siamo diverse dalle altre atlete. Ma non vogliamo dimostrarlo. Facciamo del nostro meglio per sembrare come loro. Sappiamo di essere ben lontane da quelle che gareggiano qui, lo capiamo benissimo. Ma più di ogni altra cosa vorremmo dimostrare la nostra dignità e quella del nostro Paese”.
Samia Yusuf Omar – Pechino, stadio Nazionale, 19 agosto 2008

Samia Yusuf è una bambina ribelle, un maschiaccio, come la definisce sua madre. Samia Yusuf è una ragazzina tenace, una piccola guerriera, come la definisce suo padre; Samia Yusuf è una giovane sognatrice, un grande talento, come la definisce il suo migliore amico. Samia Yusuf è una clandestina, un animale, come la chiamano i trafficanti di uomini. Samia Yusuf è una ragazza che crede in un sogno e non si lascia sottomettere, combatte. Ogni atleta impara a lottare: contro sé stesso, i propri demoni, i propri tempi, le proprie debolezze. Samia combatte contro tutto questo, ma combatte anche contro guerra, sopraffazione, povertà, contro un Paese in cui cresce sempre di più la cultura in cui lei, in quanto donna, non dovrebbe correre, non dovrebbe fare niente; un Paese dove scompaiono gli abiti colorati, la musica e le libertà.

Questo spettacolo è nato dal desiderio di raccontare una storia attuale, contemporanea, una storia realmente vissuta per 21 anni da Samia Yussuf Omar, ma vissuta anche da tantissime altre donne, costantemente, una storia di cui siamo venuti a conoscenza tramite il libro “Non dirmi che hai paura” di Giuseppe Catozzella. Samia non è un personaggio storico, non è una persona ancora in vita.

Le uniche testimonianze che si hanno di Samia sono i filmati e le fotografie delle Olimpiadi e la sua storia, raccontata di bocca in bocca, tramandata oralmente come un romanzo epico… E noi vogliamo partecipare a questo processo. La storia di Samia: una ragazzina ribelle, magra come un chiodo, cresciuta a pane e acqua, senza allenatore, senza mezzi, vissuta sempre e solo in un Paese in guerra che ce la mette tutta per perseguire la sua strada, per arrivare alle Olimpiadi. La sua tenacia, la forza d’animo nell’inseguire il suo sogno, i suoi valori, così simili ai nostri, sono un esempio per tutti noi occidentali, al punto che diventa un simbolo alle Olimpiadi del 2008. E diventa un simbolo per noi, ma anche per tutte le donne musulmane.

Poi torna a casa e si ritrova sola e abbandonata dal mondo, che l’aveva osannata, e tradita anche dal proprio mondo. La desolazione, la delusione e la decisione sconsolata di intraprendere il Viaggio.

Un monologo di narrazione che rivive la sua esperienza alle Olimpiadi, intervallata da racconti della sua infanzia, dalla nascita ai 18 anni, quando decide di partire, di lasciare la Somalia. Cinquanta minuti di spettacolo per raccontare meno di un minuto di gara, con la leggerezza e la speranza tipica dei Giochi Olimpici. Lo spettacolo vuole focalizzare l’attenzione del pubblico sul perché una atleta di talento, innamorata del suo Paese, decide di intraprendere il Viaggio. Non parliamo delle torture, della prigionia, degli stupri, del Viaggio, delle atrocità che tutti i giorni sentiamo ai telegiornali, ma raccontiamo che cosa porta a prendere una decisione così drammatica e significativa.

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