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Paolino

15 aprile, 2019 - 21:00 Circolo dei lettori, via Bogino 9 - Torino

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A seguire potete leggere un ricco estratto da un articolo di Dacia Maraini apparso sul Corriere della Sera del 7 febbraio 2019 intitolato “IL VIZIO ANTICO DEL TEATRO, CHE SI DIMENTICA DI AUTRICI E REGISTE”

 L’originalità e la bellezza del teatro resistono, nonostante le grandi innovazioni tecnologiche, grazie al suo eterno artigianale rapporto pubblico-scena.

La forza del teatro sta nella sua apparente debolezza. In un mondo in cui tutto lo spettacolo è ridotto a virtualità, il teatro ha il grande privilegio di mettere le persone faccia a faccia.

Proprio questo suo carattere artigianale lo rende fragile, costoso, ma nello stesso tempo autentico e vincente.

Altra caratteristica del teatro è quella di riunire in un lavoro collettivo la creatività di un drammaturgo, di un regista, degli attori, dello scenografo, del costumista, dei tecnici. L’equilibrio crea la bellezza dello spettacolo. Purtroppo questo equilibrio molte volte viene meno per la tendenza a prevalere dell’attore principale o del regista o dello scenografo o del musicista, che finiscono per schiacciare la meravigliosa qualità comunitaria del teatro.

Il palcoscenico poi offre una dialettica che miracolosamente si ripete ogni sera. Mentre lo schermo è fermo e immobile nelle sue immagini, ogni sera lo spettacolo risulta diverso. Ogni sera gli attori sentono le emozioni, la tensione, le attese della sala e il loro agire ne viene influenzato.

Un pubblico distratto o annoiato può togliere il fiato a un attore e renderlo nervoso e fiacco. Un pubblico attento e partecipe al contrario può galvanizzare gli attori fino a tirare fuori dalle loro voci e dai loro corpi il meglio delle emozioni del testo.

Naturalmente un testo ci vuole, a meno che non si tratti di un teatro di pura immagine o di puro movimento.

Il passaggio dal romanzo al teatro non è proibito, ma va fatto con la sapienza e la competenza di un drammaturgo che possiede un suo linguaggio riconoscibile, un suo stile personale.

Rarissimo trovare testi scritti da autrici. Sappiamo che il teatro ha sempre vietato il pensiero delle donne. Perfino la presenza del corpo femminile sulla scena è stata considerata impropria, se non addirittura pericolosa, sia dal teatro greco che da quello romano che da quello medievale.

Forse per queste antiche tradizioni ancora oggi si fa fatica a prendere sul serio il teatro come luogo di sviluppo delle ragioni donnesche.

Ecco in questi accenti della Maraini una sottolineatura rivelatrice dell’importanza sulla scena di “Paolino”, un testo che nasce proprio dal valore straordinario di una bellissima scrittura femminile, quella di Marina Jarre, una scrittrice attenta, capace di calarsi e cogliere l’attualità della storia e consegnarcela con profondità e ironia. In più la riduzione drammaturgica del libro “La principessa della luna vecchia” è stata curata da Renzo Sicco e Gisella Bein, due persone che da anni si misurano nel trasporre la letteratura in forma teatrale, ed è realizzato da Assemblea Teatro in una coralità che vede uniti insieme, come nella storia ultracinquantenaria della compagnia, volti noti e altri giovani intrecciati nel loro lavoro con i tecnici e con buone musiche, come sempre in un equilibrio prezioso per lo spettatore.

Ecco perché è utile la presentazione di un testo, peraltro introvabile editorialmente, al Circolo dei Lettori.

Ecco perché non va perso l’appuntamento del 15 aprile alle ore 21.00 nella Sala Grande del Circolo dei Lettori, un appuntamento che apre una piccola trilogia denominata “Dalla pagina al teatro”

a seguire

20 maggio, ore 21.00 “Le rose di Atacama” da testi di Luis Sepúlveda

17 giugno, ore 21.00 “L’uomo che piantava gli alberi” dall’omonimo romanzo di Jean Giono

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