Mauro Corona
Che le storie nascano dalla Terra, un po’ come l’uomo, se ne può esser certi. Sorattutto se si leggono favole nate dal bosco, storie di animali, e dell’uomo, storie dal sapore “vecchio” che solo le leggi della natura possiedono ancora.
Dall’alto dei duemilaquattrocento metri dei tredici laghi in una bellissima giornata d’estate, immersi in un teatro naturale mozzafiato, per la prima volta, anche se molto in ritardo…, ho ascoltato da un attore le parole di un autore tutto d’un pezzo, “montanaro”, schivo. Una penna che sembrava scolpire sulla carta, parole antiche che pareva si trovassero lì da tempo. Protagonisti gli animali, dal più piccolo sino all’uomo, dal più tartassato a quello maggiormente amato e di ognuno si raccontano abitudini, i motivi che l’hanno reso amato o inviso, si spiega la falsità di antiche superstizioni, la crudeltà di uomini che non capiscono o di animali che troppo gli volevano assomigliare. La chiosa, dedicata al re della catena, il lettore: …un animale a due gambe che si creda così intelligente da movimentare un poco questo mondo tanto pacifico.
Il modo di scriverle semplice, adatto a piccoli e a “montanari”, dietro ogni capitolo, però, una metafora, un consiglio, un avvertimento di natura. In ogni pagina lo specchio di un mondo che non ha più orecchie per queste frivolezze, per attenzioni ad animali o alberi, antenati che in sé possiedono le regole della vita.
Avvertenza: leggerle a bambini o ascoltarle dalla voce cavernosa ma dolce dell’autore, negli angoli grigi delle città o nei loro parchi, se possibile con la consapevolezza che non si tratta di favole!
Alberto Dellacroce