Era il 18 maggio del 1980 quando Ian Curtis morì suicida per motivi mai chiariti e forse semplicemente legati al suo precario stato di salute.
“Closer” secondo e ultimo album dei Joy Division si intreccia così alla morte “in contemporanea” del cantante.
E’ uno dei più importanti album generati dal punk, un disco capace di influire come pochi altri sulla wave a venire.
Opera seconda, e dunque nella vita di un gruppo opera critica, segue la pubblicazione del primo album aspramente poetico “Unknown Pleasures” e lo supera attraverso un carico di un’energia sotterranea che si nasconde indecifrabile tra lo scandire della ritmica e dei sintetizzatori, mentre tutto è potentemente sorretto proprio dalla suggestiva voce del cantante.
Ascoltare, a oltre 30 anni di distanza, The eternal o Decade fa ancora venire i brividi. La voce di Ian Curtis non è meno sofferta e presente di quella di Jim Morrison e l’opera dei Joy Division, trasformatisi poi senza di lui nei New Order, è la testimonianza di un gruppo capace di superare le radici di riferimento, attraverso una percezione della decadenza tanto grande da segnare fortemente la scena musicale a venire e la nascente estetica dark.
Bruciate in pochi mesi le ceneri del punk, “Closer” conduce la musica giovane verso una nuova partenza, ecco perché è un disco da riascoltare, per i suoi indelebili segnali di frontiera.
Renzo Sicco