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I personaggi di “Paolino” nella vita reale: In cucina si fa da mangiare

28 maggio, 2018 - 07:11

In attesa della lettura di Paolino del 30 maggio, leggiamo questo articolo di Pietro Jarre, presente nel romanzo della madre tramite un alter ego. A voi il compito di riconoscerlo

Luca siede di fronte a me, si chiacchiera a tavola con tanti amici intorno; non lo conosco tanto, ma sento una vicinanza. Si parla di cibo, come quasi sempre fanno gli italiani a tavola, e lui dice quello che io ho sempre sentito ma non ho mai pensato: io non faccio cucina, io faccio da mangiare, e mi piace fare da mangiare. Lui è separato, ha due figli maschi quasi adulti, gli fa da mangiare e gli piace. Io sono separato, ho due figli maschi quasi adulti, e mi è sempre piaciuto fargli da mangiare.

Il sabato mattina vado a fare la spesa, e cucino nella mia casa per molte ore. Il piano della cucina lo avrei voluto con un buco per gettarci i resti, come in una barca, ma l’architetto pensava che scherzassi, e il buco non l’ha fatto. Sul piano metto due o tre taglieri, uno per la verdura, l’altro per l’aglio e la cipolla, l’altro per la carne, e preparo usando un approccio frontale, quello che si può adottare per risolvere le matrici numeriche: potresti lavorare le equazioni una ad una, e piano piano sfilare la soluzione una dall’altra, prima gli antipasti, disporli uno di fianco all’altro nei vassoi, poi preparare il sugo e poi la carne, e i contorni. Oppure puoi aprire tutte le confezioni, svuotare i sacchetti tutti insieme, e badando soltanto a cambiare i coltelli affettare le verdure mentre ungi la teglia per la torta, creando il caos, gestendo progetti e processi, obiettivi e ideali che cambiano secondo gli ingredienti che mancano o che ritrovi nei pensili, lasciando che la soluzione dell’intera matrice affiori in superficie tutta insieme.

Approccio frontale, tutte le equazioni di fronte a te, un poco quella e poi quell’altra, gli amici di un tempo e poi la telefonata con la vicina, e poi un figlio, e intanto metti la tovaglia giusta per quel pranzo che incominci a capire come deve venire, e ti viene incontro e si spiega a te. Lasci che il racconto che farai abbia vita sua, certo sono le tue mani che prendono questo e non quello, come quando racconti e selezioni, e nel cestino rimane molto più di quello che rimane sul foglio.

Far da mangiare con quello che c’è, donarsi al prossimo con quello che c’è, sistemandolo al meglio, presentandoti come sei qui e ora, perché diverse cose è meglio lasciarle in frigorifero, anche nel freezer, magari per sempre. Ciò che conta è far da mangiare oggi, dare al prossimo cibo buono, ogni piatto con qualche idea che si senta o si senta perché non si nota, donare e donare sé stessi, badare che il cibo non nasconda altro, non sia troppo o troppo elaborato, non nasconda quello che vuoi ascoltare e gli altri sentano di dire.

Ho incontrato molti uomini e alcune donne che hanno creato imprese, servizi pubblici e privati che funzionano, motivato molti a perseguire un bene comune, senz’altro desiderio di vedere molti sfamati, e non solo di cibo. Ho cercato di imparare da loro, e di insegnare loro. Mi piace far da mangiare, mi piace creare delle possibilità di lavoro e tante imprese, mi sento “Giuseppe il nutritore” nel compiere quell’atto, compensatore della impossibilità maschile di generare da soli altrimenti.

Grazie Luca, pena per quegli uomini che fanno cucina e sanno tutto dei tagli di carne e dei vini speciali e ne parlano per ore, noi facciamo da mangiare e siete tutti invitati.

Pietro Jarre

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