GEORGIA 2008 - Il viaggio
SEMPRE RARO PER IL TEATRO TOCCARE LA REALTA’.
RARO PER DEFINIZIONE STESSA DEL TEATRO.
ANCORA PIU’ RARO PER IL TEATRO TOCCARE LA GUERRA A NEMMENO DUE MESI DI DISTANZA DALL’ULTIMA BOMBA, DALL’ULTIMO ASSEDIO.
ASSEMBLEA TEATRO E’ GIUNTA IN GEORGIA PER LA SETTIMANA DELLA LINGUA ITALIANA E PER LA FESTA DI TBILISI.
Abbiamo preso i personaggi di un nostro spettacolo e li abbiamo sguinzagliati nelle strade della Georgia.
Siamo stati invitati dalla nostra Ambasciata nel novembre del 2007 per presentare il nostro storico cavallo di battaglia “In fra li casi de’ la vita e le magie de’ cieli libertà vo’ cercando”, uno spettacolo che da trent’anni con successo viaggia sui palcoscenici del mondo grazie al suo linguaggio universale di pantomima.
Non sembri strano che questo titolo sia stato scelto per le manifestazioni legate alla settimana della lingua italiana nel mondo. Infatti, pur nell’assenza di parola, lo spettacolo parla con il gesto che è tipica tradizione italica e trae ispirazione dai riti carnescialeschi e del racconto popolare che sono lingua mediterranea e peninsulare radicata nel tempo.
Poi, nell’agosto del 2008, inattesa e improvvisa è esplosa la guerra lampo con la Russia. Di concerto con l’Ambasciatore non abbiamo mai annullato questa nostra missione culturale ma, mano a mano che la situazione tornava ad una possibile normalità, ci è parso necessario non ridurre la nostra presenza alla pur valida e importante presentazione di un grande spettacolo.
Abbiamo così pensato di arricchire il nostro passaggio con performances volanti quanto inattese dei nostri giganteschi personaggi issati su alti trampoli per le vie di Tbilisi prima e di Gori poi.
Vere e proprie incursioni teatrali dentro lo scorrere della quotidianità.
Ci è parso interessante portare le nostre streghe, i diavoli, i fauni e gli altri personaggi, tra la gente all’uscita della metropolitana, o di una banca o di un qualsiasi negozio, tra gli autobus e le auto nelle strade e nelle piazze, esattamente trent’anni dopo la loro nascita a Torino nelle medesime condizioni.
Li avevamo creati per rispondere al terrore, a quella paura che il terrorismo aveva prodotto nei cittadini di Torino e d’Italia nella seconda metà degli anni ’70. Credevamo, con ragione, che obbligare i passanti a riguardare verso il cielo attraverso giganteschi personaggi della fantasia e della tradizione popolare, avrebbe potuto aiutare a ritrovare il sorriso.
A trent’anni di distanza la guerra, la paura delle bombe che arrivano dal cielo ci hanno fatto pensare, ancora una volta con ragione, che lo stesso potesse accadere anche nelle strade di questa Georgia schiaffeggiata.
E' così accaduto che a Tbilisi la gente sia uscita dalle case, dai negozi e sia riversata attorno ai nostri personaggi. E’ accaduto che lo facesse con un nuovo strumento, il cellulare che trent’anni fa non c’era, portandosi così democraticamente a casa una foto, un pezzo di noi che attraverso il nostro fotografo di compagnia, Valerio Tosi Beleffi, documentavano tutto quanto accadeva.
Poi ci siamo spinti a Gori, la città che ha dato i natali a Stalin, la città simbolo, assediata e minacciata per giorni. Abbiamo incontrato simpatia muovendoci attorno ai grandi camion della Croce Rossa Italiana ma il clima era già più pesante.
Con non poche discussioni e garanzie fornite all’autista che non voleva proseguire ci siamo spinti sino alla zona delle case bombardate, così tra i muri neri dell’esplosione di una palazzina a due piani abbiamo, nel silenzio circostante, realizzato l’ultimo servizio fotografico. L’abbiamo vissuto con in cuore la domanda di quante persone fossero morte tra quelle lamiere annerite, tra quei letti e quella cucina devastata. La domanda è rimasta con noi tra le macerie delle scale, di quella casa di campagna fino a quando la nostra interprete, che nel mentre era riuscita a carpire qualche notizia tra gli scarsi passanti, ci ha detto “Fortunatamente nessuno!”
Lo spettacolo a Tbilisi nel grande Teatro Marjanishvili, totalmente traboccante di pubblico anche in piedi, la sera precedente era stato un trionfo ma soprattutto aveva portato un’attesa forte ventata di novità! Un linguaggio e un’energia sorprendente per tutti. Ce lo dicevano soprattutto i molti giovani spettatori intervenuti. “Abbiamo bisogno del nuovo che ci avete portato, per tutti noi è ossigeno culturale, aria nuova contro l’eccessiva staticità”. Così noi, ancora carichi di questo desiderio di novità, abbiamo viaggiato tra jeep dell’ONU e vecchi camion militari dentro l’arcaico mondo contadino dell’interno, abitato da donne di nero vestite, proprio come le nostre degli anni del dopoguerra o del sud più arretrato. Ci siano inoltrati tra piccoli o grandi banchi di frutta nelle strade, tra pecore, capre e formaggio scampati alle bombe e alle fiamme a scandire quel futuro che tarda ad arrivare.
Renzo Sicco
28 ottobre 2008
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