regia: Lino Spadaro e Renzo Sicco
con: Gisella Bein, Angelo Scarafiotti, Mattia Mariani, Cristiana Voglino, Roberto Leardi
Gli anni ’90, per l’area caucasica sono stati anni di guerra feroce.
Il dramma jugoslavo ha colpito per la vastità e la violenza: scontro d’etnie, di religioni, di nazionalismi e di semplici interessi e per il fatto stesso di avvenire nella “pacifica” Europa.
Parlare di una guerra, complicata, come è stata quella di Bosnia, non è facile. Assemblea Teatro ha scelto le parole di due scrittori italiani le cui scritture, a questa, si sono intrecciate: Erri De Luca e Maurizio Maggiani.
Erri De Luca è stato autista dei convogli degli aiuti umanitari in Bosnia e in un monologo inedito scritto al femminile, racconta il frutto di quella esperienza. Il messaggio da portare stretto nel cuore: persino in un manicomio della ex Jugoslavia, c’è chi riesce ancora a sognare e ad immaginare una vita migliore, a guardare con occhi “altri” ciò che il mondo non sa più vedere.
Maurizio Maggiani ( recente vincitore con “Il viaggiatore notturno”, edito da Feltrinelli, del Premio Strega 2005) proprio in questo romanzo narra del massacro di Tuzla. Un bombardamento esercitato come quello di Nagasaki quale inutile esercizio di forza necessario solo a strappare un’ulteriore devastante pressione psicologica utile al riparto dei profitti tra le fazioni in guerra.
La guerra lascia ferite aperte, che continuano a bruciare, anche quando ci si è dimenticati d’averle, ecco allora riemergere il freddo degli inverni, la fame lunga due anni d’assedio.
Il dolore della guerra si esprime dunque attraverso le grida di una internata in un manicomio che vede il mondo da quelle finestre: lei è “ombra”, lei è glazba, cioè musica. La musica che si grida di notte, quando si ha paura e si è immersi nella follia. Fuori, intanto, le bombe, gli spari che sulla scena scaturiscono dall’incessante ritmo di una batteria. Attorno lo sgomento del ricordo dentro a parole sommesse, in un canto profondo.
In una cornice che sembra sovrastare tutto il resto, le vite singole continuano a scorrere.
La glazba ha continuato a suonare anche se attorno c’era troppo rumore.