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A proposito di “Fuochi”

04 luglio, 2016 - 15:02

Renzo: Siamo ormai arrivati ben oltre la centesima replica dello spettacolo. In venti anni ha attraversato l’Italia dal  Piemonte, alla frontiera con la Francia, fino in Sicilia, è uscito dall’Italia verso Svizzera, Germania e la Francia stessa e ha varcato l’Oceano per raggiungere l’Argentina, l’Uruguay e il Cile.

Marina: Quando mi parlano di “Fuochi” ricordo innanzitutto la prima recita a Fenestrelle.

Renzo: L’11 agosto del 1994

Marina: Battevo i denti per il freddo ed ero molto emozionata; ero seduta accanto a te nel furgone che conteneva la tua consolle con l’apparecchiatura delle luci e dei suoni. C’era una luna piena immensa

Renzo: Sei sicura

Marina: Perché? Io me la ricordo benissimo…c’era, ne sono sicura, l’avevi appesa tu , magari…

Renzo: raccontiamo le cose con ordine

Marina: da dove vuoi incominciare? Da quando sulle prime ti avevo detto di no quando mi avevi proposto uno spettacolo teatrale tratto dal mio libro”Ascanio e Margherita? Sono stata molto maleducata?

Renzo: No, no. Mi hai detto soltanto: Certo ti autorizzo ma non vedo come tu ne possa cavar fuori uno spettacolo.

Marina: Il libro è grosso e poi che ne sapevi dei valdesi ?

Renzo: Ne sapevo abbastanza. Assemblea Teatro ha lavorato quattro anni fino al 1994 a Pomaretto, in Val Chisone, adoperando la sala dello storico cinema Edelweiss. Oltre a rappresentarvi i nostri spettacoli ne abbiamo accolti altri. Chissà se Marco Paolini e Luciana Littizzetto se ne ricordano. Fu in questo ambiente che maturò la richiesta da parte di Erminio Ribet, allora presidente della Comunità montana e di Gino Baral, funzionario della medesima di creare uno spettacolo sulla storia valdese delle valli, utilizzando la possibilità, mai sperimentata prima, di allestirlo ricorrendo a fondi europei. Si chiamavano progetti Interreg e miravano a ricostruire identità comuni nelle aree transfrontaliere.

Marina: Vedi un pò! Secondo me non me ne avevi parlato allora, o forse me lo sono dimenticato; ricordo che mi avevi parlato del libro e, mi sembra di Gisella. Ad ogni modo hai fatto come se non ti avessi detto di no e qualche giorno dopo mi hai portato due tue paginette con il primo incontro fra Ascanio e Margherita, ricavato abbastanza fedelmente dal libro. Le ho ancora con le mie correzioni, poche del resto

Renzo: Con la matita rossa e blu…

Marina: Se alludi ai tuoi compiti di francese, andavano corretti; i tuoi verbi francesi erano immaginari

Renzo: Non ti amavo troppo quando eri la mia insegnante alla scuola media Vico, visto che eri l’unica ad avermi inflitto, a me perfettino, l’umiliazione di un rinvio a settembre e mi avevi rovinato l’estate.

Marina: Esagerato! Guarda che ho sempre difeso in consiglio di classe te e la tua orrenda capigliatura e del resto ti ho promosso a settembre che non ne sapevi molto di più.

Renzo: Il francese l’ho poi imparato sul campo lavorando per anni in Francia. Ma torniamo ad Ascanio e Margherita; a quarant’anni non ti detestavo più, mi ero tagliato i capelli,avevo letto il libro, mi era piaciuto molto e mi sembrava indicato per costruire una drammaturgia, anche se mi rendevo conto che un film sarebbe stato più adatto Sapevo che quel testo aveva provocato non poche discussioni tra i “barbetti”.

Marina: Non so che cosa li avesse scandalizzato di più, che io, che non andavo in chiesa, mi fossi permessa di scrivere un romanzo sulla loro storia oppure che la vicenda narrasse anche di un amore tra una valdese e un cattolico. Pensare che il mio pedigree è quasi perfetto, mia madre era valdese, sono stata battezzata e confermata a Torre Pellice, ho frequentato il Collegio valdese. Ma sono dei criticoni tremendi… s’è mai visto una valdese scappare con un cattolico.

Renzo: Quando abbiamo presentato “Fuochi” a Torre Pellice al Sinodo del ‘95 sul prato dietro il Collegio, abbiamo dovuto mandare a prendere delle sedie di supplemento tanto pubblico c’era.

Marina: Ho cercato di ricordarmi che cosa, per finire, mi aveva deciso a collaborare con te nella stesura del testo e nella costruzione della sceneggiatura. Penso sia stato quell’idea delle torri che suggeriva appunto un’azione verticale, di montagna, insomma.

Renzo: L’idea di un teatro non solo orizzontale, cioè realizzato sul palco, ma che vivesse anche di una situazione verticale, ovvero in salite e discese, da un po’ mi girava in mente. Ad ogni modo non ti ho parlato solo dei ponteggi ma ti ho spiegato la mia idea di rappresentare i combattimenti sulla scena in forma gestuale, e così, sempre nei gesti degli attori in scena e nei costumi, le fughe,  la fatica,  il freddo, il timore di essere braccati. Ti ho parlato dei secchi in cui avremmo messo della gelatina rossa in modo da raffigurare il sangue come avveniva nelle stalle dove si ricoveravano i feriti durante i combattimenti…

Marina: Senti, dei secchi ricolmi di sangue non mi hai di certo parlato. Ne ho scritto io, dopo. Hai collegato la scena con la frase di Margherita che ricordando il passato tragico dei valdesi, dice: la nostra giornata si era rovesciata e i nostri secchi invece che di latte si colmavano di sangue.

Renzo:I secchi, riempiti appunto di gelatina rossa li ho illuminati dal basso in modo da render più drammatico il volto delle tre donne che, interrotte dall’inquisitore col grido “eresia”, affermano ad alta voce i punti salienti della loro fede in opposizione a quella di Roma.

Marina: Queste tre donne” danno davvero un’impressione fortissima. Gli otto punti li ho ricavati dai cinquanta e più articoli della dichiarazione originale dell’abiura imposta a chi si convertiva. E tu, va detto, hai saputo metterli in risalto con una straordinaria forza evocativa come anche sono di grande impatto, davvero, le due scene successive, il documento sui primi eretici valdesi e la tortura di donna Martora.

Renzo: Il discorso sugli eretici valdesi me lo aveva suggerito Giorgio Tourn durante alcune delle nostre conversazioni che per me furono davvero indispensabili.

Marina: Gli eretici valdesi che “nudi seguono un Cristo nudo” sono in una pagina della fine del XII secolo di Gautier Map. Vedo ancora , illuminato da una luce molta viva, Lino, mi pare, in alto, a una finestra della fortezza, a Fenestrelle che la riferisce al pontefice in forma di relazione. Tourn ti deve avere raccontato tutta la storia valdese. In una delle tue scene d’insieme non manca neppure il famoso secchio che, sfuggito alle mani del cuoco, mentre nel silenzio della notte i valdesi fuggono dalla Balsiglia, scende rimbalzando e rumoreggiando sulle rocce rischiando di mettere in allarme le sentinelle francesi. Non conoscevo invece la storia di Donna Martora

Renzo: La scena della tortura di donna Martora la devo a un contributo del pastore Vicentini.

Marina: Ti sei fatto una bella ricerca per conto tuo.

Renzo: Sì, sono andato avanti e indietro nella storia valdese raccogliendo dettagli sulle vittime e sui combattimenti. Una lunga e tragica vicenda che ho riassunto e rappresentato in quella processione centrale che pure ti ho raccontato. Quella lenta, rituale e continua processione circolare in cui ognuno degli interpreti avrebbe portato sulle braccia, a rappresentare il corpo di in suo morto, un abito che giunto al centro del ponte lascia cadere nel vuoto…

Marina: E dai, anche di questa processione che hai raffigurato all’apice della rappresentazione corale del dramma non mi hai affatto parlato. Ti deve essere venuta in mente mentre preparavamo ciascuno per proprio conto, la nostra parte specifica. Infatti non la ritrovo nella mia prima copia, ancora scritta a mano, con 17 scene che furono in seguito appunto 18. L’ho vista la prima volta a Fenestrelle.

Renzo: Se lo dici tu…

Marina: Quella scena corale di lutto, necessaria e ben inserita al punto giusto del dramma, l’ho sempre sentita un po’ troppo lunga e insistita, nonostante il commento musicale perfettamente indovinato.

Renzo: Adesso sei tu la criticona. Il commento musicale è un brano di Roger Waters dei Pink Floyd che con una bella lettera mi concesse l’autorizzazione all’uso di It’s a miracle  dall’album Amused to death dopo aver preso conoscenza e apprezzato il nostro progetto. A proposito di critiche Ti ricordi che avevi trovato da ridire anche sulle lenzuola stese al sole da due donne!

Marina: Era un testo tanto ottocentesco, mi era sembrato melenso con quel tlic, tlic, tlic tlac, delle lenzuola che gocciolavano.

Renzo: Era un quadro che rischiarava la scena e dava l’idea d’un esterno in uno spoglio ambiente di montagna. Come, d’altronde, anche i secchi per un interno. E in seguito la trebbiatura a mano a simboleggiare la pace ritrovata.

Marina: Ma sì, hai ragione.

Renzo: Alla buon’ora!

Marina: E che bello, sempre nella pace ritrovata, il Padre Nostro cantato dalla corale di Torino.

Renzo: La prima volta a Villa Faraldi, nell’estate del ’95, sotto la direzione di Flavio Gatti.

Marina: Ripensandoci mi pare che non sono stati soltanto i tuoi ponteggi e la descrizione del movimento dei gruppi a persuadermi ma un’intuizione subitanea avuta rileggendo il libro. Sono una che si butta ad agire per rivelazione e non dopo aver meditato. Medito in seguito cercando di restituire a parole la scoperta intuita e divento una insopportabile pignola.

Renzo: Pignola o meno, una volta che ti sei decisa sei stata rapidissima nella scrittura del testo.

Marina: Quando comprendo e sono sicura vado avanti come un treno. Avevo dunque capito d’improvviso che dovevo creare un personaggio nuovo con la figlia di Margherita, Maria. Nel libro l’incontro tra la madre e la figlia è raccontato in terza persona in una mezza pagina, Maria non è che una giovane severa e un pò pedante. Ho pensato di appoggiare a un loro dialogo che riappare a tratti lungo tutto il percorso drammatico e lo sostiene su un filo sottile, la storia di Margherita moglie e madre e insieme la reazione della collettività valdese di fronte alla sua gravissima trasgressione. Nelle note che accompagnano i miei personaggi raccomandavo di non fare della figlia un personaggio troppo monocorde, “ è una ragazza passionale che crede in quel che dice”.

Renzo: Maria. ne è venuta fuori una figura molto più complessa, anche se perfettamente intonata al tempo storico della vicenda.

Marina: Almeno lei.

Renzo: Che vuoi dire?

Marina: I miei due innamorati rischiano di essere meno intonati, ho dovuto raffinarli entrambi; nel XVII secolo i nobili piemontesi erano per lo più rozzi e ignorantissimi, Ascanio l’ho dunque immaginato un artista e Margherita l’ho fatta allevare come una damigella dalla famiglia che l’aveva ospitata a Ginevra. Non credo che le donne delle valli si lavassero molto e meno che mai i capelli al torrente.

Renzo: E i cavalieri vi camminassero nudi.

Marina: Quel povero Ascanio in calza maglia la sera nel gelo di Fenestrelle!

Renzo: E le quattro sere successive! E pensa una sera di ottobre in Francia in una fortezza poco dopo Modane, completamente nudo appena terminata una nevicata.

Marina: Ti ricordi che Gisella si era messa dei lunghi mutandoni di lana rossa sotto la gonna.

Renzo: Che si sono visti mentre Ascanio la sollevava per gioco.

Marina: Per fortuna la scena è una scena allegra, una delle poche. Ha anche, mi pare, una grazia erotica.

Renzo: Non per niente è stata la prima che ti ho proposto.

Marina: Va ben, va ben, pare che tu lo spettacolo te lo fossi già immaginato dall’inizio alla fine quando ancora non l’avevo scritto io. E Padre Valfré?

Renzo: No, Padre Valfré, no, è proprio interamente tuo.

Marina: Ci tengo moltissimo a Padre Valfrè che nello spettacolo è sempre stato interpretato in modo magistrale da Giovanni Boni Ne avevo studiato a fondo la figura e l’opera preparando il libro. E’ stata la prima volta che ho capito qualche cosa dei cattolici romani. Per i suoi tempi, nei limiti della sua confessione religiosa, è stato un sacerdote davvero cristiano, caritatevole e molto, molto intelligente. Impietoso, si capisce, se lo si toccava nella sua ortodossia. Nella grande scena che lo riguarda l’ho fatto sognare le future chiesette delle valli, i templi valdesi, insomma, quali chiese cattoliche. Ho vendicato, sulla carta e sulla scena i bambini valdesi che egli ha consigliato al duca di non restituire ai loro genitori, per salvar loro l’anima.

Renzo: Barbetta!

Marina: Ma lo sai che un pastore, un caro amico, oltretutto, mi ha rimproverato di essere stata troppo ecumenica? Ecumenica! lo che sono sempre stata antipapista e lo rimango.

Renzo: Ma pensa un po’, forse perché “Fuochi”, l’abbiamo creato, in una tacita e direi sottintesa collaborazione, come uno spettacolo per tutti. E l’ho voluto chiamare “ Fuochi” per ricordare i falò accesi la sera del 16 febbraio a celebrare il 17 la concessione dei diritti civili ai valdesi da parte di Carlo Alberto. Sarò ecumenico anch’io?

Marina: Una conclusione ottimista, insomma. A caro prezzo, direi.

Renzo: In una conclusione ottimista, secondo quel che dici tu, mi sembrerebbe giusto raccontare ancora qualche cosa di Assemblea Teatro che ha scarrozzato “Fuochi” in giro per il mondo.

Marina: Nelle colonie valdesi dell’America latina, per esempio In Argentina, in Uruguay

Renzo: Cito qui qualche rigo di un mio scritto sul nostro primo viaggio là nell’autunno del’98. Probabilmente troppo emotivo per i tuoi gusti…

Marina: Vai, vai…

Renzo: “Oggi è giorno di pausa, o meglio è giorno di visita al cuore della Comunità Valdese. Alla piccola Torre Pellice dell’Uruguay, Colonia Valdense. Troviamo accoglienza squisita, enorme affetto, tanti ricordi del Piemonte lontano per alcuni, più fresco e recente per altri. Ognuno ha ricordi , emozioni che rasentano le lacrime. Pinerolo, San Giovanni, Pomaretto, Villar Pellice. La tensione è forte, anche se si mangia assieme, se si viaggia in giro per i luoghi simbolici, il molo del primo sbarco, la piazza del primo insediamento, il primo tempio dell’arrivo, l’immensa spiaggia, l’immenso fiume. Ancora ospiti nelle case, entriamo in fattorie, in stanze, in album di fotografie di famiglia. Scaviamo, involontari  minatori, dentro emozioni forti e profonde e ne siamo messaggeri e testimoni. A San José, nel bellissimo teatro Macciò,antico, all’italiana, vengono in tanti a vederci, con pullman organizzati dai punti più disparati…A Colonia del Sacramento,un’altra volta tutto esaurito e un’altra volta tanti sono i giovani.. Ma la data particolare è quella di Dolores, completamente fuori dai circuiti. Ci siamo stati invitati grazie alla giovane e tenace volontà del pastore Dario Michelin Salomon. Il teatro è enorme, 800 posti. E se non funziona. La tensione è altissima.La sera ci sono oltre quattrocento persone in sala, un deputato e il Presidente della Provincia  I volti dei vecchi italiani non nascondono le lacrime.”Non potete immaginare quante cose, quanti turbamenti, riflessioni e passioni avete scatenato in questa notte”. Il nostro spettacolo, per i valdesi del Rio de la Plata è stato ben più che una emozione della memoria, è stato davvero stringersi con l’altra metà del cielo, quell’Italia delle radici, lasciata in un continente lontano tra montagne  difficili da immaginare in questa sterminata pianura. Dove “Al mattino il sole spunta da dietro le montagne e la sera ridiscende. A l’intrà de la noech”

 Post Scriptum

Marina: Ho controllato sul calendario lunare: la sera dell’11 agosto del 1994 la luna era al suo ultimo quarto. Dunque la luna piena l’aveva proprio appesa Renzo nel cielo buio sopra la fortezza!

 

 

Marina Jarre

e

Renzo Sicco

 

 

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