SFIORARE LA FELICITA’
Non lo dico per piaggeria, lo dico perché ne sono convinto: Sotto i cieli del mondo è un libro che tutti dovrebbero leggere. E cerco di spiegare il perché. Intanto, è piacevole, a tratti sorprendente. Ma il motivo vero per cui vale la lettura è del tutto differente dalle ragioni per cui di solito si legge un libro. Io ho fatto così: ho cominciato dal fondo, dall’indice, poi ho letto qua e là, aprendo le pagine un po’ a caso, poi l’ho ripreso dall’inizio e la chiave l’ho travata nell’ultima pagina, nei ringraziamenti, dove il nostro Siccome, come lo chiama Bergonzoni, si sbottona e confessa la ragione ultima e definitiva della scrittura di quel testo che ho in mano: cercare la felicità. E mi sono ricordato di un articolo scritto da Eugenio Scalfari qualche mese fa su Repubblica dal titolo Breve lezione sulla felicità. E ho capito. O credo di aver capito. Sotto i cieli del mondo non è un libro che racconta ciò che racconta, che pure è interessante, a volte fa anche un po’ invidia, ma piuttosto una dimostrazione di ciò che significa attraversare il tempo della vita, dare senso a ciò che si fa, allo scopo di essere, per quanto è possibile, felici.
Renzo Sicco fa teatro. Credo che faccia teatro da quando andava all’asilo. Il teatro è effimero. Anche quello speciale che fa lui, di impegno sociale, o politico che dir si voglia. Il teatro è presenza, emozione che sfugge. E’ un figlio che se ne va di casa, un cane che si perde nel bosco, un amore che finisce. Ogni debutto, un abbandono.
E Sotto i cieli del mondo non è scritto per ricordare gli spettacoli di Assemblea teatro. Anche.
Però è vero che il calore dell’applauso trasforma i protagonisti in torce ardenti di felicità.
Ma è anche vero che ogni debutto lascia dietro ciottoli non levigati come si avrebbe voluto, parole ritagliate portate via dal vento, scie di memorie brunite destinate alla morte, senza la continua resurrezione della vita di scena. Il fuoco della felicità degli artisti del teatro brucia gli sguardi vivi d’emozioni che presto moriranno suicidate per troppa intensità o lasciate andare alla deriva per inconsistenza di luce..
E Sotto i cieli del mondo non è stato scritto semplicemente per dare ordine alle emozioni. Anche.
Ma il teatro di Assemblea è molto più di uno spettacolo. Dove arriva si muovono sindaci e assessori, associazioni e gruppi d’artisti, musicisti e poeti, cultori di Bacco e devoti di San Giacomo. Questa è la ragione per cui alla torcia che arde di felicità per la buona riuscita di uno spettacolo, che spesso accoglieo folle di pubblico festante, si aggiunge la consapevolezza di contribuire a dar un colore vitale agli incontri, un colore di vita, quel colore che se non apparisse retorico dovrei chiamare speranza. (L’ho anche misurata. A Cuba, per puro caso, dove mi son trovato a dialogare con i suoi attori cubani per lo spettacolo Nato per volare)
E Sotto i cieli del mondo non è stato scritto per dare speranza. Speranza a chi? Speranza in che cosa?
Allora il nostro Siccome deve trovare una soluzione per non assistere impotente al fatto che mentre il fuoco della felicità si attenua con lo spegnersi delle luci del palcoscenico, rimane l’ emozione disegnata negli occhi degli spettatori della seconda e della terza fila, e le domande dei politici della prima fila, e l’organizzazione che s’è prodigata, e i libri regalati, e gli aperitivi bevuti, e le storie spesso catramose che ti fanno rigirare nel letto.
E Sotto i cieli del mondo non è stato scritto alla maniera di Chatwin come appunti per un saggio. Anche
Si comprende allora come l’emozione provata dal nostro Siccome e dai suoi attori nella esecuzione dei loro spettacoli sul palcoscenico, sia talmente grande da essere incontenibile. e, per di più rappresenti solo la metà del cielo di quel evento, la parte dell’emozione in presenza che elargisce a piene mani alte dosi di felicità. Che per non scoppiare, ha bisogno di un secondo contenitore, una marchiatura a inchiostro che sappia rendere ragione dell’habitat in cui l’evento artistico, e politico allo stesso tempo, ha avuto luogo. E’ qui che nasce la scrittura. E con la scrittura ritorniamo alla felicità.
Come farebbe mai il nostro a non esplodere per accumulo di luci e di musiche? A rincorrere la felicità sfuggente dell’applauso sommandolo alla consapevolezza, che certamente rende felici, d’aver realizzato un teatro che oltre ad essere apprezzato è anche utile nel senso più nobile del termine come un tempo fu il teatro delle origini del teatro.
Ecco la conclusione: Renzo Sicco ha scritto Sotto i cieli del mondo per tentare di sfiorare la felicità. Ne ho conferma scritta: sono a pagina 229, l’ultima frase del libro.
Remo Rostagno
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