Assemblea Teatro
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La recensione dal sito

«In Tunisia è previsto un nostro spettacolo anche nell’oasi di Gafsa (…) Di fronte a noi sulla spianata migliaia di spettatori quasi tutti uomini. Donne, qualche turista e l’unica «pazza» della città» (p. 39). Particolarmente attraente è la capacità di Renzo Sicco (dirige Assemblea Teatro di Torino dal 1989) nel rendere l’unità di tempo, luogo ed azione all’interno dell’architettura scenica del mondo. Quel “quando” che inizialmente pare mancare, in realtà è trascurabile, poiché si tratta di un “sempre”. Il “dove” è la totalità del mondo “guardata” e “da guardare” (mondo quale palcoscenico e al tempo stesso platea): la scena, reale, è data dalla Storia, vissuta in tempi e luoghi che si fanno teatro, da esseri viventi che si fanno personaggi.
E’ Teatro nel teatro il lavoro della compagnia teatrale di Sicco, intendendosi per “teatro” quel tipo di specchio in cui qualsiasi realtà storica abbia tentato di risolvere, avvalendosi dell’immaginario, contraddizioni sociali, oppressioni, errori, incomunicabili essenze del vissuto, incongruenze, aspirazioni ed ideali, e quant’altro prodottosi nella convivenza umana.
Desidero soffermarmi su una frase - l’unica «pazza» della città – dato che nella propria semplicità si rivela di (?) una profondità sbalorditiva, per il fatto di sintetizzare quanto nella scrittura di Renzo Sicco vi sia di storia del teatro, e di “un” fare teatro, tra scatole di cartone che fungono da scenografia ed i trampoli reali e simbolici che sfidano le geografie sia sociali che politiche.
Si sottintende, o forse si intende svelare, che l’ironia sia l’altra faccia della comprensione: «Prosciutto, formaggio, o altro contenuto, meglio non pensare in che mani o luoghi siano transitati. Così è ed è comunque bene (…) Commovente davvero! Così come sono commoventi gli uomini e le donne, seduti attorno a noi durante il corso delle prove. Seguo le loro espressioni (…) Colgo le loro emozioni, la sorpresa, le risate o le gocce di lacrime che disegnano i loro volti» (pp.144-145). In qualsiasi piazza venga portata la maschera, o sia costretto qualcuno a portarla.
Naturalmente non è un’epifania della sottoscritta, bensì pensiero di Campanella, ricordare che i saggi senza potere sono obbligati a comportarsi da pazzi, malgrado nell’animo coltivino ben altri pensieri. Pertanto la partecipazione a tempi, luoghi e accadimenti, che accoglie ad ogni pagina il Lettore de Sotto i cieli del mondo, si tratti delle riflessioni sull’Argentina - «Scivolo sopra questa terra liquida sull’aliscafo che unisce Buenos Aires a Montevideo e nello scorrere della mia mente rivedo (…) mentre racconta le diverse possibilità di vivere il dolore», (p. 168) -, degli appunti su Cuba, sul palco svizzero-ligure di Castelbormio o su come pescano i ragazzi sulle rive del Lago Llanquihue in Danimarca, oppure sulle notti in Uruguay, non può che coinvolgerlo emotivamente.
«Dovremmo imparare a fermare questa divaricazione che ci allontana, dovremmo imparare, rovesciando anche in politica le categorie di destra e sinistra, e pensare soltanto a un alto e un basso. Alto è ciò che emancipa l’uomo, ogni tipo di umanità, rispettandone il senso profondo della vita, basso è ciò che non rispettando non capisce l’irreparabilità della perdita, del senso utile di un equilibrio» (p. 205). Vi è l’intera vita di un uomo di teatro nel teatro/mondo in questo diario di viaggio per il Teatro.
Non gratuite ripetizioni, dunque, per rendere la prospettiva grazie alla quale Renzo Sicco vive, anche poeticamente in brani descriventi paesaggi d’umanità e di territorio, la ribaltata concezione di teatro, da scenografia d’illusione (nel Quattrocento, in Italia, tanto per fare un esempio, riflesso della convenienza delle corti, dell’ordine idealizzato nelle città, di cerimoniali di clero e nobiltà; nel XXI secolo, Oliviero Beha, iscrive tra le metafore della resistenza, a fianco della libreria, alla superficialità degli spettacoli televisivi, proprio le tavole del palcoscenico, inteso quale teatro civile che oppone alle “isole dei famosi” la drammatizzazione dei fatti del Vajont) a rappresentazione/critica della realtà calandosi in essa quanto più la stessa si manifesti o si sia svelata quale dolorosa farsa e spettacolo ipocrita: «Nei miei viaggi ho via via imparato a svestirmi per calzare e vivere un annullamento totale» (p. 62).
Propriamente Re-Citare (pag. 230), leggere ad alta voce di nuovo, riproporre e proporre, come è titolata la pagina in cui è rappresentato graficamente il raggio d’azione di Assemblea Teatro dal 1979 ad oggi. Un irraggiamento -«Gli scenari si susseguono affascinanti e via via il cielo si avvicina alla terra come se la convergenza verso il Polo Antartico li portasse a congiungersi» (p. 62)- in oltre venti Paesi attraverso ventiquattro spettacoli in centinaia di rappresentazioni in Italia e all’estero, di cui Renzo Sicco ha saputo raccogliere «tanti piccoli immediati coraggiosi racconti, strappati all’effimero e consegnati alla carta» (Postfazione di Paolo Verri).
Costantemente è il “noi” di Assemblea Teatro ad emergere, dall’Introduzione dell’autore alla pagina Ringraziamenti, da quella dell’elenco degli Spettacoli realizzati nel mondo a quelle delle sei sezioni dai titoli già essi stessi fondali di scena (Altri altrove; Carovana delle menti; Rappresentazione delle rappresentazioni; Monte davvero; Presente appena futuro; Incontinuazione). Ed è questa la traccia da seguire nella lettura di tutto ciò che li rende “noi”: in Sotto i cieli del mondo consiste nel passo poetico, nella pagina politica, nel racconto d’una realtà “altra” fatta di costumi e di pensiero, «la volontà di incontrare il globo dove cambia» per dirla con le parole di Renzo Sicco.
«Noi allora lì, ancora carichi (…), ancora frastornati (…), ancora presi dai mille problemi (…), ancora stupiti (…), ancora tutto questo e mille altre cose nella testa e quell’applauso enorme che ti abbraccia e che ti dice che ne vale la pena. La piazza in piedi, la gente entusiasta che non se ne va. Noi lì in mezzo felici, a rispondere alle mille domande con la stanchezza che allora sì, esaurita la tensione, ti cala improvvisa e densa addosso. Ma ce l’abbiamo fatta (…)» (p. 20)
Una scrittura che invita ad accostarsi al teatro, in generale, nonché ad approfondire la conoscenza della personalità e della produzione di Renzo Sicco, in particolare; avvincente come un libro d’avventura (teatranti coraggiosi?); talmente trascinante -Il vecchio che regala i suoi libri del cuore, (p. 191) sicuramente il più toccante per coloro che amano la Lettura- da far sentire il Lettore parte di quel “noi”, in viaggio sotto i cieli e sopra i palcoscenici del mondo assieme ad Assemblea Teatro. A Renzo Sicco una richiesta: bis! Perché vada ad attingere nuovamente al materiale depositato nel suo cuore di attore e spettatore nel/del mondo e ce ne renda partecipi.

Antonella Chinaglia

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