James Canòn
Dai tempi di Macondo non sentivo così forte la foresta attorno alle pagine. Autore colombiano, Canòn, ha studiato e vive tuttora in America, a New York. Della Colombia sembra non voler scordare le cittadine da fine del mondo, quelle atmosfere da primo e ultimo giorno, di natività d’una nuova epoca e morte di tutto ciò che precede. Sapori certamente marqueziani, si mischiano qui sapientemente con una piaga tutta colombiana, e cioè la separazione del territorio nazionale tra città e foreste, FARQ ed esercito regolare. In un periodo in cui spesso l’informazione torna sulle vicende di centinaia di “ostaggi” (alcuni illustri – ad esempio la franco-colombiana ….), è interessante immergersi in una narrazione fantastica, in storie di donne/vedove e della loro vita dal giorno in cui tutti gli uomini furono portati nella foresta a combattere, o uccisi. Ecco allora il divertente magistrato Rosalba o il sergente di polizia Ubaldina, o Cleotilde, la nuova e anziana maestra, o ancora padre Rafael, unico uomo rimasto in una terra lasciata anche da Dio. Il nome di ogni donna, sempre, immancabilmente, anticipato da quel “vedova”! All’apparente povertà e tristezza fanno sempre da contraltare bizzarre vicende di donne intente a immaginare una nuova vita, come quando a Mariquita fu creato il più grande bordello della zona, e le mogli d’un tempo, indignate, si misero a “battere” per le strade cercando l’amore perso ormai da tempo. E poi, di colpo, ecco scritte a macchina, con un corpo che segni nettamente che si tratta di una nuova pagina, lettere, messaggi dalla guerra, dai massacri, dai soldati bambini, dagli uomini fatti a pezzi a colpi di machete. Non più fantasia ma testimonianze, parole vere che vengono da una foresta che l’informazione mondiale tende sempre a non raccontare, che la guerra e la cocaina vogliono non sia mai raccontata.
Alberto Dellacroce