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Il Mutamento Zona Castalia
LE FAVOLE DI PAÑCATANTRA
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drammaturgia e regia Giordano V. Amato
con Eliana Cantone
musiche dal vivo Giulio Berruto
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Finalmente, un giorno, un saggio brahamano s’impegna ad insegnare ai due ragazzi tutto il niti in sei mesi. L’insegnamento del niti, ovvero della saggezza delle relazioni umane, avviene per mezzo di favole che sono abilmente intrecciate l’una all’altra, senza soluzioni di continuità. Lo spettacolo è caratterizzato da un’originale interazione tra musica, voce, azione e danza. Elementi che concorrono alla creazione di un’opera rivolta a tutti, agile ed immediata.
Il Pañcatantra, che significa letteralmente “cinque parti” fu scritto probabilmente nel Kashmir nel secondo secolo a. C. sulla base di racconti molto più antichi.
Nella letteratura indiana vi sono due notevoli raccolte di favole di animali: Il Pañcatantra e l’Hitopadesa. La prima raccolta è la più antica e più ricca e consiste di 87 racconti; 43 ne conta la seconda, 25 dei quali si trovano già nel Pañcatantra. Tali racconti paiono ancora più antichi in quanto se ne trovano tracce in lavori sanscriti.
In merito alle traduzioni, sono note quella in Pahalavi del sesto secolo e quella dal persiano in siriano nel 750 d.C. Queste si diffusero prima nel mondo islamico raggiungendo la Spagna, la Sicilia, la Provenza e la Francia e, attraverso Costantinopoli raggiunsero l’Europa Orientale, dove furono tradotte in greco, latino, tedesco, italiano e inglese. Furono sicuramente conosciute da Shakespeare in una traduzione inglese dall’italiano. Le traduzioni del Pañcatantra iniziano molto presto: nel Medio Evo il Pañcatantra era uno dei libri più conosciuti al mondo, tanto che una traduzione tedesca di favole di animali, realizzata nel 1481, risulta essere uno dei primi libri stampati in Europa. È tuttora in discussione il debito di Esopo verso le favole indiane.
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