Capita a volte di fare un salto nel tempo, a volte è un viaggio ad offrirci quest’occasione di modo che l’ingresso in un negozio del sud del mondo ci fa ritrovare odori e sensi di anni addietro, quelli degli acquisti fatti con i nonni. A volte però a farci fare questo salto è un’operazione cinematografica come “The Artist” che ci ha ributtato nella magia del film muto in bianco e nero. Molto bello anche se l’intuizione, magari, era frutto di un calcolo di marketing e di spinta produttiva capace di arrivare a catturare l’Oscar. L’ultimo libro del Premio Nobel Saramago, intitolato Lucernario produce lo stesso effetto, quello di un salto indietro nella scrittura degli anni ’50. Però in questo caso invece del calcolo o della malizia c’è semplicemente il caso. Infatti le pagine di Lucernario precipitano il lettore dentro alla grande letteratura del novecento influenzata dai grandi romanzi russi. Ma contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non si tratta di un esercizio di stile né di un’operazione fatta a tavolino, anzi. Questo libro infatti non è l’ultimo scritto dal Nobel portoghese, ma il primo. L’autore è un giovane trentenne desideroso di diventare scrittore a cui nessun editore diede mai una riposta né tanto meno ne produsse una stampa.
Poi un giorno del 1999 Saramago stava facendosi la barba quando squillò il telefono. Si mise l’auricolare nella parte non insaponata e pronunciò poche parole: “Davvero? E’ sorprendente!”, “Non disturbatevi, sarò lì in meno di mezz’ora” Poi andò a recuperare un romanzo che aveva scritto tra gli anni quaranta e i cinquanta e che da allora risultava perduto. Quando tornò, aveva Lucernario sotto il braccio, o meglio un fascio di fogli scritti a macchina, che il tempo non aveva ingiallito né consumato, forse perché il tempo era stato più rispettoso con l’originale di chi lo aveva ricevuto nel 1953.
Oggi lo si può leggere a oltre 60 anni dalla sua scrittura ed è un libro davvero sorprendente. Come in “La finestra sul cortile” di Alfred Hitchcock è un occhio gettato dentro un palazzo. Ne spia gli abitanti di ogni singolo appartamento e ne scandagli la maniera quotidiana del vivere portandone a galla grandezze e miserie. Stupisce, oltre lo stile, che qui fa ancora uso della punteggiatura che poi scomparirà dalla scrittura di Saramago, la maturità e la sicurezza nell’analizzare i comportamenti umani. Non è un libro politico, ma è un libro che più di altri ci fa capire come una dittatura, in questo caso quella portoghese di Salazar, possa umiliare e depauperare una società nei suoi valori addensandosi nei comportamenti quotidiani. Un libro straordinario non solo per la curiosità del caso che lo caratterizza, ma per quanto ancora oggi ci aiuta a capire degli uomini.
Per volere dello stesso Saramago non è stato pubblicato finchè l’autore è stato in vita.
Renzo Sicco