Assistendo allo spettacolo-lettura di domenica pomeriggio – Più di mille giovedì – due cose mi hanno colpito in particolare.
Ho sempre trovato questa vignetta incredibilmente esplicativa della realtà attuale (parlo per cognizione di causa) e, conseguentemente, vedere dei ragazzi che la domenica pomeriggio accettano, senza alcuna ricompensa in termini di crediti formativi o chissà che altro, di trascorrere il tempo libero all’interno di un mausoleo a leggere pagine di certo non leggere, (e a leggerle ad alta voce, cosa quanto mai rara di questi tempi) semplicemente avendo accondisceso alla richiesta di una professoressa, mi ha fatto decisamente rivalutare la realtà (quanto meno in termini di “Ok, la realtà è così, ma esiste ancora qualcuno che comprende il valore dell’istruzione”).
In un periodo in cui circolano lettere in cui i genitori esortano i figli a non fare i compiti per dare loro modo di assecondare le loro inclinazioni (abusando e facendo a pezzi il detto attribuito ad Einstein per cui “anche un pesce sembrerà ignorante se gli si chiede di arrampicarsi su un albero”), in un periodo in cui si parla addirittura di Unschooling, cioè, tradotto in soldoni: “nonmandomiofiglioascuolapreferiscosialavitaainsegnargli” sarebbe ora di creare un’altra lettera da far circolare sul web in modo da renderla virale. Cominciate a leggerla voi:
Vi scrivo per ringraziarvi dell’esperienza di lettura in cui avete accolto me e i miei studenti Aurora, Davide e Federico.
Vorrei che aveste potuto sentire le parole di gratitudine, di appagamento, di stupore e commozione che hanno pronunciato quando siamo usciti dal Mausoleo. L’hanno vissuta come un’esperienza di trasformazione e hanno amato tutto quello che hanno fatto e il testo che hanno letto.
Quand’è in classe, un’insegnante parla, parla, spiega. E per la maggior parte del tempo gli studenti stanno zitti ad ascoltare.
Se vuole sentire la loro vera voce, spesso un’insegnante deve costruire occasioni fuori dell’aula, cercarne il più possibile.
Questa lettura mi ha fatto sentire la loro vera voce.
Sono i miei studenti, li amo a uno a uno, e in modo diverso a seconda della loro voce. Grazie per avermi aiutato ad amarli meglio.
Grazie per il vostro lavoro, perché lo volete così tanto, per la pazienza e la dedizione.
Paola Albertetti
Questo è insegnare. Questo è essere presente per i propri allievi e vale cento volte più dell’accettare di portarli in gita (altro problema che è stato di recente sollevato. Provate a cercare su google informazioni in merito e ne leggerete delle belle).
La seconda: da spettatore, forse un po’ più addentro degli altri, quanto meno per capacità di gestire i problemi delle cuffie, posso dire di aver assistito a un vero dramma, inteso nel suo significato originale, cioè “azione”.
Giovani studenti si sono fatti portavoce delle parole delle Madres de Plaza de Mayo, hanno agito, come hanno agito e re-agito i loro coetanei che, quarant’anni fa, sono stati fatti sparire proprio perché rifiutavano di accettare interti l’accadere delle cose.
Grazie, ragazzi che non avete dimenticato che il futuro è vostro, ma deve prendere le sue mosse dal passato; grazie, insegnanti che mostrate ai ragazzi la via per evitare la bocciatura che la vita può riservare loro, di gran lunga più dolorosa di un 5 in matematica.
Stefano Cavanna