testo di Barbara Mastella
Lettura di: Chiara Pautasso e Angelo Scarafiotti
“Tutta la città piangeva i suoi campioni
mentre le bare sfilavano tra una fiaccolata di fazzoletti bianchi”
[Vittorio Veltroni]
Incontro in collaborazione con il Museo del Grande Torino di Grugliasco.
Una intera città si è fermata. Torino è incredula per quel boato nella nebbia su in alto, sulla collina, alla Basilica di Superga. Tutto è finito alle 17.05 del 4 maggio 1949.
Aldo e Dino non avrebbero dovuto partire invece…
Avevano sopportato e superato il fascismo e l’invasione tedesca, la guerra, la fame. Poi erano entrati nella leggenda di una squadra che a quel tempo non conosceva eguali. Il loro viaggio era iniziato con un sogno vent’anni prima. Un viaggio che i due fratelli Ballarin avevano intrapreso insieme e che concludevano insieme… in pochi secondi, in uno schianto.
Con loro la vita era stata, tutto sommato, abbastanza generosa. Avevano raggiunto le mete prefisse ed esaudito i desideri. Non restava che andarsene per rendere udibili le loro voci, perché solo la morte restituisce ogni cosa.
A raccontare quegli anni difficili e travolgenti sono Dina e Miretta, le compagne e vedove dei due campioni. Lo fanno insieme ai cognati Iginio e Renato, riuniti insieme per aiutare un giovane studente a concludere la sua tesi, a capire qualcosa che non si può ripetere perché era perfetto. Questo accade ancora oggi anche perché i giovani, si sa, hanno bisogno di miti con cui crescere e confrontarsi.
Il testo, scritto da Barbara Mastella, parente dei due Ballarin, permette di entrare nella storia e nell’intimità dei ricordi di famiglia.
Bisogna impegnarsi per sentirsi fratelli dei fratelli Ballarin. Per tornare famiglia, gruppo. Ma non solo noi del Toro, noi del calcio, noi che amiamo il pesce di Chioggia. Noi tutti del tremendo e spesso anche orrendo e però amatissimo paese chiamato Italia.
Gian Paolo Ormezzano
Aldo e Dino Ballarin erano due giovani calciatori, già affermato il primo, sulla strada del successo il secondo. Nati a Chioggia, avevano trovato nel Toro ruggente del dopoguerra, la casa ideale per dare corpo ai loro sogni. E a quelli di tanti italiani provati da una guerra dolorosa, che avevano bisogno di credere nella rinascita del Paese anche attraverso lo sport.
Gianni Romeo