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100 anni dalla nascita di Renato Rascel

Renato Rasel in una scheda

A RENA’, sei piccolo ma sei grande! era e resta il complimento più diretto e schietto ma anche più qualificato a testimonianza della popolarità di Renato Ranucci, in arte Renato Rascel, nato a Torino il 27 aprile 1912, scomparso dopo aver lasciato dietro di sé una galleria di personaggi bislacchi e candidi, vulcanici e poi sempre più sentimentali.
Rascelinaria, il titolo del suo show-monologo cucitogli addosso da Garinei e Giovannini tre decenni fa, è forse l’attributo e insieme lo slogan con cui meglio si definisce l’avventura artistica di questo infaticabile peso piuma della comicità, addirittura “favorito” dalla sua proverbiale minutezza di fisico.

Nato dall’unione di due cantanti d’operetta, Cesare Ranucci e Paola Massa, lavorò sotto vari pseudonimi come Harry Laven e Ronny Boy, finché il marchio di una cipria, “Rachel”, gli colpì l’immaginazione e lo assunse a proprio nome d’arte, convincendosi che era però meglio adottare direttamente la grafìa della pronuncia francese, Rascel appunto.
Ma intanto il futuro Piccoletto della ribalta nazionale aveva anche badato a farsi le ossa. Dal ’29 aveva preso a suonare la batteria in due sale da ballo e a prodursi occasionalmente come ballerino. I Fratelli Schwarz lo notarono e lo scritturarono per Al cavallino bianco. Il suo destino era segnato dal varietà e vi tornò per alcune stagioni fino a farsi affascinare dal più organizzato e lussuoso mondo della rivista, nel cui settore riuscì a fare ditta a sé nei primi anni Quaranta con la moglie e partner Tina De Mola.

Certe figure di mezzi italiani, di mezzi-eroi costituiranno la fortuna di Rascel: così irrompono le filastrocche, E’ arrivata la bufera/ è arrivato il temporale…, o l’ intercalare slittante del genere Laaa cognata…, Scùsino, Védano, E invece… pure.
Il sodalizio di Rascel con Garinei e Giovannini si fece grande con Sogno di una notte di questa estate del ’49-50, la più sontuosa rivista di quella stagione con la Osiris, in un kolossal di 4 ore, trasportabile con 19 vagoni, con bagarinaggio che trent’anni fa fece lievitare i biglietti alla cifra (incredibile) di 7.000 lire.
Ma Rascel, a questo punto, sentì che doveva cambiar pelle. Non ci riuscì nella prosa a tutto tondo, ma con i recital e la canzone. Resterà nella mente degli italiani con i suoi slittamenti, le sue moine ermetiche e dinamiche, la sua vena d’autore: da Ninna nanna del cavallino a Com’è bello a Romantica, soprattutto Arrivederci Roma.
Arrivederci Rascel.