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GIANNI BISSACA
in

MIO PADRE VOLEVA
CHIAMARMI LIBERO

giovedì 1, venerdì 2, sabato 3, domenica 4 maggio 2008
alle ore 21.00

giovedì 8, venerdì 9, sabato 10, domenica 11 maggio 2008
alle ore 21.00

SETTIMO TORINESE (TO)
PALAZZINA SIVA
(via Leinì 84)


dedicato a La chiave a stella di Primo Levi

un progetto di Gianni Bissaca e Roberto Tarasco
con Gianni Bissaca e Fabrizio Pagella
direzione degli attori e collaborazione drammaturgica Paola Zecca
scultura Matteo Bissaca
videoscenografia Emanuele Policante / Vieri Brini
assistente alla produzione Thea Della Valle




«Questa è un po' la mia opera prima: quando ho scritto gli altri libri,
avevo un'altra professione, facevo il chimico. Ma da un anno e mezzo scrivo soltanto.
La chiave a stella è il mio primo lavoro professionale».


La Chiave a Stella è quello che Primo Levi definisce «il primo romanzo professionale della sua vita». Poco importava se era il 1978 e se prima venivano anni di letteratura, centinaia di pagine scritte e ben 9 libri. Prima, Primo Levi era stato un chimico che ogni giorno si recava alla fabbrica SIVA e amava ricordare che «mai sottrasse un’ora al proprio lavoro per lo scrivere».
Solo in pensione, l’inchiostro viene usato per celebrare il grande amore della vita:
il lavoro.
Lo stesso Levi scriveva «… Se si escludono istanti prodigiosi [...] che il destino ci può donare, amare il proprio lavoro costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra».

A scandire il tempo teatrale è il montatore Faussone, armato sempre della sua inseparabile chiave a stella, come una spada sempre ben legata alla cinta. Racconta di viaggi e straordinarie imprese lavorative al nuovo amico Levi durante una trasferta in Russia.
Sul palco parole tratte dai libri insieme a parole frutto di ricordi e di un intenso lavoro di recupero realizzato nella stessa fabbrica settimese. Solamente così si può tracciare il disegno di un uomo schivo, dalle radici forti e salde, come le sue idee.

Attraverso il mite Faussone si delinea un modo d’intendere la vita: il lavoro, se fatto bene e con amore, rende liberi, è attraverso il lavoro che infatti ci si può effettivamente realizzare. Libertino Faussone, che il padre in tempo di fascismo voleva chiamare Libero! - Ma nel ventennio non si poteva!
Così lui fin dal nome racconta chi è: padrone del proprio mestiere, libero di scegliere. Le avventure che narra all’amico Levi sono picaresche e straordinarie, sono momenti di vita vissuti intensamente, rispondendo all’assunto leviano per cui «tra i momenti più belli della propria vita ve ne sono sempre alcuni legati alla realizzazione sul lavoro».
Una considerazione, quella di Levi, controcorrente, giacchè fatta in anni in cui la società italiana si scagliava contro il lavoro, demonizzandolo, rendendolo un obbligo da assolvere malvolentieri. Levi, sicuro, mantiene dritta la barra e racconta un ideale di vita, una regola.

ingresso unico € 3,00

prenotazione obbligatoria al numero: 334/7744194
dal 5 maggio nuovamente al numero d'ufficio: 011/3042808


spettacolo prodotto con il contributo della Città di Settimo Torinese




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